Il quartetto d’archi, divenuto come genere "principe" del repertorio cameristico già a partire dal 1760 conosce un nuovo slancio negli anni ’80 dello stesso secolo: nel 1782, dopo lunga meditazione, Haydn pubblica i Quartetti “russi” op. 33 e nello stesso anno Mozart conclude il Quartetto K 387, primo dei Sei Quartetti op. X, affettuosamente dedicati proprio al più anziano maestro.
A riproporci il fervore musicale dell’epoca sarà il Quartetto i Roma che sabato 19 febbraio, presso il Teatro Cucinelli eseguirà le opere dei due grandi maestri.
Si tratta di raccolte fondamentali, spiega la musicologa Silvia Paparelli, con cui i due segnano insieme e in modo decisivo la storia del genere, raggiunta la libertà di condotta di tutte e quattro le parti e aprendo la strada a Beethoven.
In particolare, nel cammino di Haydn, vero padre del genere - transitato proprio per le sue mani dalla sfera dell'intrattenimento a quella della forma classica per antonomasia - le raccolte op. 33 e op. 74 segnano due chiavi di volta. La distanza dai primi quartetti-divertimento è ormai siderale. I dieci anni trascorsi dalla pubblicazione dei Sonnen-Quartette op. 20, consentono ai Quartetti “russi” op. 33, di mettere a frutto la lunga meditazione. Haydn stesso, descrivendoli, parla di “principi speciali e completamente nuovi”. Nuovi dal punto di vista strutturale - sostituzione o integrazione della scrittura contrappuntistica nel più moderno stile monodico (i movimenti finali sono per lo più rondò e variazioni, non più fugati), introduzione dello scherzo in luogo del minuetto (la raccolta è per questo motivo nota anche come “scherzi”), totale parità dei quattro strumenti nel gestire un tessuto quantomai unitario ed equilibrato – ma, forse soprattutto, nuovi dal punto di vista espressivo. Il risultato è un traguardo di equilibrio e organicità che in una parola non può che definirsi “classico”. Il Quartetto op. 33 n. 3 (Hob.III.39) ben rispecchia queste caratteristiche. Dopo un Allegro moderato in forma-sonata, l'Allegretto “scherzando” (in luogo del minuetto) si apre su un tema sommesso, quasi di corale, e prosegue in una suggestiva atmosfera di “mezza voce”. Fortemente contrastante è il Trio che motiva, con gli acuti trilli violinistici, il soprannome “Der Vogel”, (L'uccello) con cui l'intera composizione è nota. L'Adagio, in fa, utilizza per l'ultima volta la struttura della “ripresa variata” tanto cara a Carl Philipp Emanuel Bach, mentre il finale, nella semplice forma di rondò, sintetizza l'ispirazione folklorica e la vocazione umoristica tipiche dell'autore.
Ulteriore traguardo è segnato dall'op. 74, pubblicata nel 1793 insieme all'op. 71. Non più l'abituale silloge di sei quartetti, ma due mini-serie di tre, omogenee (anche nella dedica: al conte Anton Apponyi), sebbene il cambiamento di numero d'opus dopo in primi tre quartetti segnali inevitabilmente anche un'evoluzione. Composta tra i due viaggi a Londra, questa nuova raccolta tradisce l'ideale destinazione proprio al pubblico della capitale inglese, alle grandi sale da concerto londinesi più che alle esclusive accademie mitteleuropee. Così, se l'op. 33 può essere assimilata al contemporaneo – e poco noto – impegno di Haydn nel terreno dell'opera comica, il riferimento stilistico dei Quartetti op. 74 va cercato nelle grandi sinfonie londinesi, non solo per l'uso pressoché sistematico di anteporre un'introduzione lenta al primo movimento, ma anche per le sonorità piene, quasi orchestrali, che qui raggiunge l'organico cameristico. In particolare, il Quartetto op. 74 n. 3 (Hob.III.74) in si b maggiore, noto anche come “Reiter-Quartett” (Quartetto del cavaliere), rappresenta un capolavoro di sintesi. I tempi estremi, entrambi in forma-sonata, incorniciano un sublime Largo assai, vero cuore espressivo dell'opera e un Minuetto (Allegretto), aprendo la strada all'Ottocento e, in particolare, a Schubert.
Si colloca, invece, venti anni prima la composizione del Quartetto KV 157 in do maggiore di Wolfgang Amadeus Mozart, appena diciassettenne, primo di una serie – anche in questo caso – di sei, iniziato all'inizio del viaggio in Italia (1772) e terminato a Milano, durante le rappresentazioni del Lucio Silla (1773). Soltanto tre i movimenti, in cui la freschezza dell'ispirazione fa trapelare profondità che anticipano la maturità del compositore e la cui cantabilità (specie nell'Andante centrale in do minore) si staglia esplicitamente sul modello vocale italiano. Se in queste prime prove il riferimento a Haydn è inevitabile, ma forse anche automatico, nei Quartetti op. X, il debito nei confronti dell'anziano maestro si fa programmatico. Mozart torna al genere dopo dieci anni (esattamente gli stessi dieci che separano le haydniane opp. 20 e 33) e lo fa aprendo una delle raccolte più stupefacenti della storia (i quartetti KV 387, 421, 428, 458, 464, 465 che Artaria pubblica nel 1785 sono tutti dei capolavori assoluti) nel nome di Haydn. Non solo una dedica (una delle prime, peraltro, che un compositore tributi a un “collega”), ma una vera e propria lettera (in italiano), nella quale il giovane salisburghese affida quei “sei figli […] frutto di una lunga e laboriosa fatica” alla protezione del “caro Amico Haydn”, augurandosi che egli possa essere loro “Padre, Guida ed Amico”. Un gesto singolare e assolutamente rivelatore, che chiarisce bene il rapporto della produzione quartettistica mozartiana con quella del pioniere e “padre” Haydn. Ciononostante, già il primo della serie – che, va detto, destò a Vienna forti perplessità – mostra caratteristiche profondamente personali. Il Quartetto KV 387 in sol maggiore (tonalità insolita nella maturità mozartiana), si articola in quattro densi movimenti: il primo in forma-sonata, un Minuetto (singolarmente in seconda posizione), un espressivo Andante cantabile e un finale Molto allegro. Qui l'influsso haydniano si coniuga e si contamina con altri (e apparentemente inconciliabili) poli dell'ispirazione mozartiana. Da un lato il magistero bachiano (il ricorso all'elaborazione contrappuntistica, nei tempi estremi, specie nell'ultimo, è predominante, così come la bizzarria della melodia cromatica del Minuetto, singolarmente articolata nell'alternarsi di piano e forte fa pensare a una sorta di “contrappunto dinamico”), dall'altro il mondo dell'opera comica, che dona una sua tinta teatrale a tanto repertorio strumentale in Mozart, caratterizzandolo di una cifra del tutto personale.
IL PROGRAMMA
F. J. Haydn (1732-1809)
Quartetto op.33 n° 3 "Uccelli"
Allegro moderato
Scherzo (Allegretto)
Adagio ma non troppo
Rondò (Presto)
Quartetto op. 74 n° 3 "Cavaliere"
Allegro
Largo assai
Minuetto (Allegretto-trio)
Finale(Allegro con brio)
INTERVALLO
W.A. Mozart (1756-1791)
Quartetto KV 157 in do maggiore
Allegro
Andante
Presto
Quartetto KV 387 in sol maggiore
Allegro vivace assai
Minuetto
Andante cantrabile
Molto allegro
QUARTETTO DI ROMA
Marco Fiorini e Biancamaria Rapaccini, violini
Davide Toso, viola
Alessandra Montani, violoncello